Nelle prossime settimane l’attenzione mediatica si concentrerà sui nuovi processori Ryzen, ma per AMD la vera “gallina dalle uova d’oro” sono le CPU EPYC destinate al mercato server, in grado di assicurarle margini di guadagno più elevati.
Nel terzo trimestre debutterà la seconda generazione di queste soluzioni, basate sul nuovo progetto a 7 nanometri Rome. Nelle scorse ore Anandtech ha pubblicato un’interessante intervista a Forrest Norrod, SVP e GM del Datacenter and Embedded Solutions Group di AMD, in cui il dirigente ha parlato di Rome, del cammino che AMD sta compiendo nel settore dei server e di come ritenga che che Intel stia sbagliando con Optane. Andiamo con ordine.
Per prima cosa Norrod ha ribadito quanto avevamo già scritto a novembre: mentre la prima generazione di CPU EPYC (Naples) è servita per dire al mercato “siamo tornati”, con Rome AMD punta a confermare all’ecosistema, ai clienti e ai partner che non solo è qui è tornata per restare, ma che fa anche sul serio.
“Abbiamo fissato ambizioni modeste per quanto riguarda l’aumento delle quote con Naples, quindi siamo più o meno in linea con quello che pensavamo potesse fare. Dal primo giorno ho sempre detto al team che Naples non sarebbe contato se non avessimo portato ai nostri clienti Rome nei tempi previsti. E lo stesso è vero per Rome rispetto a Milan e per Milan rispetto a Genoa”.
Genoa è il nome in codice usato da AMD per la generazione di CPU EPYC basate su architettura Zen 4. Per quanto concerne la famiglia basata sull’architettura successiva Zen 5, l’azienda non ha ancora ufficializzato un nome in codice, ma Norrod ha confermato che si tratterà di nuovo una città italiana. Apriamo le scommesse: Firenze? Palermo? Bari? Bologna? Dite la vostra nei commenti.
“Sapevamo che avere una cadenza regolare nella roadmap era estremamente importante, e così la strategia era di avere Rome come un prodotto che potesse ulteriormente accentuare la nostra leadership nel throughput ed eliminare quanti più problemi possibili in termini di prestazioni single thread, latenza della memoria e così via. Quella è sempre stata la nostra strategia”.
“Milan è stato progettato per cancellare gli ulteriori problemi rimasti, quindi parlando di quel progetto, era dove ci aspettavamo di tornare alla parità o davanti sul fronte dell’IPC (rispetto a Intel, ndr) lungo tutti i carichi”. Nel giugno dello scorso anno Norrod disse che i ritardi di Intel nella messa a punto delle CPU server a 10 nanometri aprivano ad AMD un’incredibile opportunità, e il concetto è stato ribadito anche in questa intervista.
Nonostante i ritardi di Intel, AMD ha continuato a seguire la tabella di marcia prestabilita, mantenendosi in linea con quanto pianificato tre anni fa, con un ritardo che si può contare in poco meno di un trimestre. “Anche Milan è sulla buona strada, ma Intel non lo è, e quindi la competitività relativa di Rome è in realtà migliore di quanto avevamo previsto in origine”.
“Avevamo detto ai clienti due anni fa che saremmo usciti con Rome a metà 2019 e ora stiamo dicendo che arriveremo con Milan in un determinato momento nel futuro, e ora ci credono”. AMD si aspetta una disponibilità di Rome piuttosto buona al debutto, con una finestra di 30-60 giorni per soddisfare i vari settori del mercato.
AMD parte da una quota di mercato che l’azienda indica vicino al 5% e si aspetta di arrivare in doppia cifra (10% o più) tra il Q4 (quarto trimestre) di quest’anno e il Q2 (secondo trimestre) del 2020. Tanto quanto i Ryzen 3000, anche i processori EPYC Rome saranno retrocompatibili, quindi utilizzabili da chi possiede una piattaforma Naples, basterà aggiornare il BIOS prima dell’installazione della nuova CPU. Ovviamente chi lo farà rinuncerà a PCIe 4.0 e al supporto a memorie DDR4 più veloci di 2666 MHz, ma si avranno comunque dei benefici dati dall’architettura Zen 2.
Chi adotterà una nuova piattaforma, oltre al PCI Express 4.0 potrà godere anche di un supporto sia a velocità che a capacità di memoria maggiori. Il dirigente ha spiegato inoltre che il supporto alle DDR5 richiederà un socket differente. “Abbiamo già detto che la piattaforma Milan arriverà a metà 2020 e che userà il socket SP3, quindi le DDR4 saranno ancora usate per Milan”.
Norrod ha anche parlato del supercomputer exascale Frontier, che AMD realizzerà con Cray nel 2021 per l’Oak Ridge National Laboratory (ORNL) del Dipartimento dell’Energia statunitense: non sarà basato su CPU Milan “tradizionale” ma su una CPU custom. Con custom s’intende un progetto personalizzato, con modifiche ad hoc per quel specifico mercato. Purtroppo per ora non ha aggiunto altro, se non che ci stanno lavorando risorse della divisione semi-custom insieme a quelle del Datacenter and Embedded Solutions Group.
Incalzato da Anandtech, Norrod ha spiegato che per il supercomputer è stata accantonata l’idea di usare l’interconnessione CCIX perché troppo generica (general purpose) e non in grado di garantire le massime prestazioni. Perciò Frontier adotterà l’interconnessione proprietaria di AMD, Infinity Fabric, in grado di assicurare una latenza più bassa e un bandwidth più alto. All’interno di Frontier si occuperà di collegare una CPU EPYC per nodo a quattro GPU Radeon Instinct.
Norrod ha infine parlato della strategia di AMD sul fronte delle memorie non volatili: Intel in ambito server sta spingendo Optane (memoria 3D XPoint) e in futuro vedremo arrivare altre tecnologie catalogate come storage class memory (SCM), capaci cioè di lavorare come una RAM, ma senza perdita di dati in assenza di energia.
“Penso che le SCM si ricaveranno una nicchia nella gerarchia delle memorie nel corso di 2-3 anni e che ci sarà molta scelta, non solo Optane. Penso che Intel abbia fatto un errore orribile a legare la propria architettura di sistema a un’interfaccia di memoria proprietaria. Penso che abbiano commesso un errore strategico fondamentale”.
“Ritengo che, in generale, Intel stia dimenticando cosa li ha portati a questo punto. Avere un ecosistema veramente aperto dove altri possono aggiungere valore a quell’ecosistema, e il fatto di avere una piattaforma come parte fondamentale del successo del mercato x86. Intel continua a parlarne in questo modo, ma non è quello che stanno facendo, qualsiasi piccolo pezzetto di silicio che non le appartiene è qualcosa che bramano. Penso che agire in questo modo vada a discapito della salute del loro ecosistema di piattaforme a lungo termine”.