Dopo una lunga ed estenuante attesa, da qualche mese a questa parte siamo definitivamente entrati nella tanto desiderata next gen. L’imponente – e non solo per quanto riguarda le prestazioni – PS5 ha infatti fatto capolino nelle nostre case e, nonostante gli evidenti e ancor presenti problemi logistici e di produzione, la nuova ammiraglia di casa Sony è ormai una solida realtà per molti appassionati. Tolti i fragorosi Demon’s Souls e Returnal, il piacevole Miles Morales e il simpaticissimo Astro’s Playroom, i possessori della bramata console hanno però a oggi avuto poche occasioni per sguinzagliare le potenzialità di PS5, con i futuri titoli, tra cui l’attesissimo Ratchet e Clank, che si spera sappiano sfruttarla nel migliore dei modi. Nel marasma dei giochi in uscita su PS5 possiamo poi trovare opere che si preannunciano fin da ora spettacolari e che sapranno fare la gioia di ogni fortunato possessore della console, come il secondo capitolo di Horizon Zero Dawn e il seguito dell’amatissimo reboot di God of War.
In questo seppur ricco panorama troverebbe più che degnamente spazio anche un nuovo episodio di quello che è stato senza ombra di dubbio alcuno uno dei giochi più controversi della scorsa generazione. Stiamo parlando di The Order 1886, un’esperienza assolutamente notevole sotto diversi aspetti, come l’impianto tecnico e l’atmosfera di gioco, ma anche desolatamente spiazzante su altri. A più di 6 anni dal lancio del titolo, uscito originariamente il 20 febbraio 2015, è quindi secondo noi giunta l’ora per riprendere in mano l’enorme potenziale dell’opera di Ready at Dawn e regalare a tutti i videogiocatori un’esperienza finalmente in grado di soddisfare le altissime aspettative che accompagnarono i mesi precedenti al lancio del primo The Order 1886.
Days Gone 2? No grazie, piuttosto un seguito di The Order 1886
Ma perché riesumare dal dimenticatoio proprio ora il peculiare TPS-horror di Ready at Dawn? Quello che state per leggere è un breve pensiero, scaturito soprattutto da quella polemica che ha aleggiato nelle scorse settimane attorno a Sony e Days Gone. Motivo della diatriba tra una folta schiera di videogiocatori e il colosso nipponico è stata la presunta scelta da parte di quest’ultimo di non proseguire lo sviluppo di un seguito del primo Days Gone.
Un’indiscrezione che si è fatta spazio nelle settimane successive l’ufficialità definitiva, in seguito all’approvazione dell’antitrust, dell’acquisizione di Bethesda da parte di Microsoft e che ha quindi rappresentato per qualcuno la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Una protesta che ha portato addirittura alla creazione di una petizione, che a oggi ha raggiunto la non troppo impressionante cifra di circa 100.000 firme. Noccioline in confronto a quanto un tripla A dovrebbe vendere, ma che sono comunque riuscite ad accendere ulteriormente i riflettori sull’argomento.
Ma poteva davvero essere un Days Gone 2, per quanto rifinito e dotato di una modalità multiplayer, il vero contrattacco a una presunta esclusività di titoli come The Elder Scrolls VI o Starfield? La risposta, ovviamente, è negativa e, parliamoci chiaro, manco un eventuale The Order 2 potrebbe rappresentare una degna contromossa in tale verso. Ma se mentre quella di Days Gone è una saga che, per quanto anche tutto sommato piacevole, ha veramente poco da aggiungere al mondo videoludico – seriamente ci vogliamo strappare le vesti per un open world zombie come tanti altri? – quella di Ready at Dawn è invece colma di potenziale e in grado di esplodere in qualcosa di veramente interessante se sfruttata a dovere.
Ancora tanto da raccontare
I motivi per cui a nostro parere The Order 1886 merita una seconda occasione sono diversi, ma il principale di essi è sicuramente quello relativo al voler proseguire la trama tessuta da Ready at Dawn. L’opera del 2015 si conclude infatti nel bel mezzo delle vicende, senza porre fine a praticamente nessuno dei principali filoni narrativi del gioco. Una scelta assolutamente irrispettosa nei confronti dei videogiocatori e fatta quasi sicuramente per creare hype e aspettativa per dei capitoli futuri che non sono poi arrivati. Seguiti che all’epoca potevano sembrare una pura formalità, vista la grande attesa che circondava il gioco, ma che non hanno mai visto la luce e, probabilmente, neanche le prime fasi dello sviluppo.
Per quanto non certo perfetto o particolarmente sensazionale, l’impianto narrativo di The Order 1886 riesce infatti a raccontare una trama particolarmente intrigante, fatta di prodi cavalieri e immonde creature, spirito di sacrificio e ignobili complotti. Un racconto che si dipana sotto diversi aspetti e piani, andando a toccare alcuni dei mostri più iconici della letteratura, come licantropi e vampiri, il mito arturiano e un setting storico particolarmente accattivante, ossia una Londra di fine diciannovesimo secolo dall’estetica steampunk.
Le vicende di Sir Galahad, Lady Igraine e del marchese Lafayette meritano quindi sicuramente una seconda chance per quanto di buono visto nel primo capitolo in quanto a costruzione di un universo narrativo e per lo spessore che hanno saputo dimostrare di avere i vari personaggi. I nodi che ancora devono venire al pettine sono poi decisamente parecchi, con le possibilità narrative da esplorare che di conseguenze sono decisamente copiose. Le carte in regola per imbastire una serie di successo sono quindi anche al giorno d’oggi decisamente presenti e sarebbe un vero e proprio peccato sprecare un qualcosa dal potenziale tanto elevato.
Operazione rilancio
Ma come potrebbe un’opera mediocre sul piano del gameplay evolvere in un seguito in grado di dire la sua anche ludicamente? Il primo passo sarebbe sicuramente quello di confermare quanto di buono visto nel primo The Order, ossia l’atmosfera e la cura per i dettagli. Un mondo steampunk come quello del titolo di Ready at Dawn vive infatti proprio di queste piccole cose, che tutte insieme vanno a comporre un, si spera, irresistibile panorama complessivo. Anche le diverse bocche da fuoco meritano una conferma, con le particolarissime modifiche fatte da un dato personaggio che meriterebbero di essere maggiormente esplorate e rese ancor più dirompenti nell’economia di gioco.
Dove è invece necessario andare a mettere pesantemente le mani è sul ritmo, che in The Order 1886, nonostante una durata a dir poco risicata, era decisamente privo di mordente. La scelta migliore, soprattutto considerando il finale di gioco su cui non ci soffermeremo onde evitare di tradire la promessa fatta a inizio articolo, è per noi quella di aprirsi a un’anima maggiormente open world.
Ma attenzione, non intendiamo un open world come quello del già citato Days Gone o di miriadi di altri titoli che imperversano sul mercato, bensì più sulla falsa riga di quanto visto con Gears 5. Una particolare commistione tra sezioni più pilotate e lineari, dove esplodere la potenza narrativa e ludica del gioco, e altre più aperte, dove girovagare per la Londra dell’epoca, e magari non solo quella, con qualche folle mezzo di trasporto a vapore. Se tale scelta è andata un po’ ad innacquare la frenesia insita nell’anima dei Gears of War, questa inedita e potenziale veste potrebbe invece a nostro parere dare una nuova linfa a The Order 1886, restituendoci un qualcosa in grado di non tradire le proprie fondamenta e al contempo essere capace di diventare finalmente valida anche sul piano ludico.
Coi piedi di piombo
Il rischio principale del riportare in vita The Order 1886 non sarebbe però alla fine tanto quello di ricadere negli errori del primo capitolo, proponendo un’esperienza breve e ludicamente senza troppo mordente, ma tanto quello di dar vita a un titolo che deve per forza di cose chiudere quanto lasciato in precedenza aperto. Le tante sfaccettature dell’universo di Ready at Dawn meritano infatti di essere adeguatamente esplorate e i vari filoni narrativi di giungere alla propria degna conclusione. Se ciò non fosse possibile, sarebbe decisamente preferibile non vedere un seguito e restare con un barlume di speranza di una futura e adeguata rinascita del brand, che vederlo morire in un secondo capitolo che deve per forza di cose mettere la parola fine a quanto nato nel 2016.
Un’ottima soluzione, vista anche la strada presa da Sony con produzioni analoghe, sarebbe infine anche quella di dare a Cesare quel che è di Cesare, ossia di far diventare The Order 1886 un film o, meglio, una serie TV. Innegabile, infatti, come l’universo creato da Ready at Dawn abbia una forte impronta narrativa, con The Order 1886 che altro non potrebbe che beneficiare da questo salto tra media. Anche in questo caso vale il medesimo discorso di cui sopra, con la necessità di rendere giustizia a un’opera pregna di potenziale. Danzando sul labile confine tra un action e un horror, il rischio di scadere nel trash è del resto in ambito cinematografico sempre dietro l’angolo. In altre parole, meglio l’oblio che la gogna pubblica.