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AMD ha chiuso una causa legale (class action) per marketing ingannevole, frode, falsa dichiarazione e arricchimento indebito legata ai vecchi processori Bulldozer (AMD FX).

L’impatto economico è quantificabile in 12,5 milioni di dollari, di cui gli avvocati potrebbero “intascarsi” fino al 30%, ovvero 3,63 milioni dollari. Si chiude così una vicenda iniziata nel 2015 e che nel gennaio di quest’anno era tornata in auge, diventando una vera e propria class action, ossia un’azione collettiva.

La chiusura della disputa lascia un minimo di 8,87 milioni di dollari totali di risarcimento per i consumatori che negli anni hanno acquistato i processori Bulldozer e deciso di prendere parte al procedimento.

Secondo alcune stime, si parla di un risarcimento pari a circa 35 dollari per chip, sempre che il numero di partecipanti alla class action rispecchi le stime del tribunale – un quinto dei consumatori che acquistarono le CPU Bulldozer. Ad avere diritto al rimborso i consumatori statunitensi che hanno comprato i processori dal sito AMD o nello stato della California. Le modalità ancora non sono note.

Al centro della querelle c’era il modo in cui AMD decise di pubblicizzare le CPU all’uscita nel 2011. L’azienda le aveva descritte sul proprio sito sostenendo che si trattava del “primo processore desktop a 8 core nativi”, attraendo così l’attenzione di parecchi consumatori.

Secondo gli acquirenti Tony Dickey e Paul Parmer, tale affermazione era però falsa, in quanto i core funzionanti non erano otto ma quattro. Una differenza di vedute, se così possiamo dire, che origina proprio nell’architettura Bulldozer.

L’architettura Bulldozer (e le revisioni successive prima di quella nuova architettura Zen alla base dei Ryzen) è “a moduli”, ossia all’interno di un modulo (in una CPU come l’allora FX-8350 ce ne sono quattro) non ci sono esattamente due core completi, bensì due unità integer, mentre quella floating point è condivisa, così come la cache L2 e altri componenti. Insomma, il numero otto fa riferimento ai core integer presenti nel processore.

Secondo Tony Dickey non si trattava di core completamente indipendenti e i processori non potevano svolgere otto istruzioni simultaneamente e in modo indipendente come affermato da AMD, con un conseguente calo delle prestazioni. Di conseguenza Dickey denunciò AMD nel 2015, asserendo che aveva fuorviato i consumatori (privi della necessaria esperienza tecnica per comprendere le differenze), facendo passare i suoi processori per quello che non erano.